Le monete complementari: intervista a Carlo Mancosu

Le monete complementari: intervista a Carlo Mancosu
14 Settembre 2021 admin

La creazione nella comunità di una coscienza civica ed ecologica, attenta al territorio e preoccupata di innescare uno sviluppo locale sostenibile può non passare solamente dalle scelte di vita individuali dei  cittadini e da quelle delle istituzioni. Anche ripensare il modo in cui ci confrontiamo negli scambi e nelle  transazioni e quello in cui facciamo girare il nostro denaro può portare a soluzioni innovative che  possano introdurci alla necessaria transizione ecologica e in un mondo di relazioni improntato alla  collaborazione e alla fiducia reciproca. Quest’epoca, che ci pone davanti a numerosi rischi e incertezze, non può escludere idee innovative di scambio come quelle offerte dai sistemi di moneta complementare, ne abbiamo parlato con Carlo Mancosu, profondo conoscitore del tema e tra gli ideatori e fondatori di  Sardex, uno dei più studiati e celebri casi di moneta complementare al mondo. 

Può darci una definizione di ‘moneta complementare’? 

Rispondere brevemente a questa domanda è un compito arduo, ma cercherò di essere il più sintetico  possibile. Con il termine “moneta complementare” si fa riferimento a un microcosmo piuttosto variegato di strumenti econometrici e di pagamento con circolazione limitata (settoriale, geografica o di scopo)  che circolano parallelamente e in un regime di complementarietà rispetto alle valute nazionali. Le  monete complementari non sono destinate all’uso come mezzo primario di scambio in un’economia, bensì accettate su base volontaria e sulla base di un accordo entro un determinato perimetro di utilizzo;  possono nascere nei modi più diversi, possono essere istituite a seconda dei casi da privati cittadini,  gruppi di azione, imprese private o enti pubblici con il fine di raggiungere determinati scopi come la  creazione mercati paralleli per beni e servizi specifici, incentivare la collaborazione e il raggiungimento di obiettivi comuni o sostenere l’economia di una specifica regione geografica. In breve, l’obiettivo di  una moneta complementare è quello di ridisegnare gli incentivi e le regole degli scambi economici al  fine di raggiungere un particolare scopo sociale, ambientale o politico. Naturalmente, come suggerisce il nome, le valute complementari non sono destinate a sostituire le  valute nazionali e non si muovono in competizione con esse ma sono un “complementum” in senso etimologico (complementum deriva a sua volta da complere, “compiere” e significa “ciò che completa  una cosa”). 

Quali sono gli obiettivi e i potenziali benefici dell’utilizzo di una moneta complementare? 

Come detto, ci sono svariate tipologie e modelli di monete complementari e ognuno di loro nasce per perseguire scopi differenti e pertanto può offrire benefici molto diversi. Per spiegarmi meglio farò una rapida panoramica tra i modelli più diffusi di moneta complementare. 

Tra le più diffuse vi sono le valute comunitarie, che mirano esplicitamente a sostenere un’economia regionale incentivando la collaborazione e gli scambi tra attori economici locali, contribuendo alla salvaguardia dei livelli di occupazione e alla rilocalizzazione dei consumi. In alcuni casi queste monete  possono essere attivate dalle stesse istituzioni sia per scopi specifici legati ai piani di sviluppo regionale che per obiettivi più ampi, come ad esempio la riduzione dell’impronta ambientale che deriva dalla  spedizione di merci attraverso il paese o il mondo.  

Delle volte forme “monete complementari” di matrice istituzionale possono raggiungere anche una  dimensione sovranazionale o globale, pensiamo ad esempio ai cosiddetti carbon credits o ai certificati  bianchi, attraverso cui i regolatori hanno creato un mercato al fine di incentivare le aziende a ridurre le loro emissioni di CO2 in linea con gli obiettivi dei governi. 

In ambito commerciale e di marketing pensiamo ad esempio ai sistemi di fidelizzazione come le miglia aeree, le frequent flyer miles emesse dalle compagnie aeree di tutto il mondo. Inizialmente, le frequent flyer miles non erano altro che un espediente di vendita di ogni linea aerea e potevano essere usate solo  per comprare i biglietti aerei di quella specifica linea aerea. Ormai quattordici miliardi di miliardi di frequent flyer miles sono state emesse da cinque alleanze globali di linee aeree – molto più di tutti i  dollari o gli euro messi insieme. Oggi possono essere guadagnate senza aver mai messo piede in un aereo  (per esempio usando specifiche carte di credito) e sono diventate spendibili non soltanto per i viaggi  aerei, ma anche per gli autonoleggi, i servizi telefonici di lunga distanza e per una gamma di prodotti in  aumento. Due terzi di tutte le miles di British Airways sono incassati per qualcos’altro rispetto  all’acquisto del biglietto aereo. 

Il barter trading è una pratica commerciale che le imprese adoperano per lo scambio multilaterale di beni o servizi in compensazione. La parola dall’inglese si traduce letteralmente in baratto, e il concetto fondamentale richiama quello antico dello scambio di merci, ma non si tratta semplicemente, come  erroneamente viene spesso descritto, di una sua revisione in chiave innovativa. In questi network (non  a caso spesso definiti di mutual credit), grazie all’utilizzo di una valuta complementare e un sistema di  conti interni, le aziende partecipanti di si finanziano reciprocamente senza interessi e si semplificano i  meccanismi di compensazione tra i soggetti partecipanti al network di scambio. La caratteristica  principale di questi moderni sistemi di scambio senza denaro (ufficiale) consiste nella multilateralità: la  transazione commerciale non si limita a un mero scambio di merci o servizi di tipo bilaterale, bensì prevede l’assunzione di crediti, da parte di chi vende, e debiti, da parte di chi acquista, direttamente nei  confronti del Circuito, che possono essere saldati rispettivamente con l’acquisto e la vendita di beni e  servizi nello stesso Circuito in un tempo successivo. Questo meccanismo consente la fluida circolazione  degli scambi nel Circuito e la garanzia dell’equilibrio complessivo.  

I circuiti di barter fra aziende sono nati storicamente per gestire, spesso con l’intervento dei singoli  governi, grandi operazioni di commercio internazionale, legate alla cessione di materie prime contro  tecnologie e manufatti tecnologici (ad esempio armamenti e aerei).  

Successivamente, specie nel mondo anglosassone, si sono sviluppati veri e propri circuiti, tanto più  efficienti quanto più allargati, a livello anche soltanto nazionale. In particolari situazioni di crisi  economica caratterizzate da una generale stagnazione dei consumi, questi network permettono alle  aziende di mantenere i livelli produttivi limitando l’esposizione finanziaria immediata. Infatti, le  operazioni di interscambio fra aziende all’interno di un Circuito di compensazione presentano 

l’indubbio vantaggio di permettere acquisti di materie prime, semilavorati, prodotti finiti, servizi di varia  natura, anche in assenza di liquidità, pagando ciò che si è acquistato attraverso prodotti e servizi con la  propria capacità produttiva inespressa (beni invenduti, tempo inutilizzato…) offrendo al contempo la  possibilità di efficientare i propri fattori produttivi. Soprattutto quando la liquidità è scarsa, le banche  stentano a concedere credito e la quantità di merce invenduta comporta costi elevati, questi network  costituiscono una grande opportunità commerciale per tutte le imprese: con essi è possibile comprare  beni e servizi senza utilizzare risorse liquide, bensì vendendo i propri beni e servizi anche in un tempo  successivo; si tratta di un pagamento posticipato con la differenza rispetto agli altri mezzi di  finanziamento che è senza interessi e si muove, come dimostrato da numerosi studi economici, in  maniera controciclica, controbilanciando, almeno in parte, la carenza di credito nella valuta ufficiale. 

Ma le valute complementari non nascono esclusivamente per risolvere problemi di natura economica e non necessariamente devono essere basate su sistemi legati a scambi di natura commerciale. Esse infatti possono anche essere basate sul tempo o sulle competenze (es. Banche del tempo) e, in effetti, formalizzare sistemi di scambio non monetario o indirizzare gli sforzi della comunità verso aree di grande bisogno. In questa direzione va ad esempio il sistema Fureai Kippu in Giappone. Fureai Kippu può essere tradotto approssimativamente come “biglietto per una relazione di cura”. I partecipanti  guadagnano una moneta elettronica per ogni ora di lavoro che spendono per aiutare una persona  anziana. Il credito è poi conservato in una stanza di compensazione online e può essere riscattato quando il partecipante stesso ha bisogno di cure o può essere ceduto a persone care che ne hanno bisogno. 

Una moneta complementare può incentivare le aziende e i consumatori a operare in modo solidale e sostenibile per l’ambiente? In che modo? 

Certamente sì. Questo può avvenire in maniera indiretta come nel caso delle valute comunitarie e locali,  che in quanto tali favoriscono gli scambi di prossimità riducendo il traffico delle merci e l’impronta  ambientale a questo collegata. Le monete comunitarie inoltre rafforzano il legame delle aziende con i  territori in cui operano, incentivando modelli di sviluppo sostenibili e generativi, rinsaldando al  contempo i legami fiduciari all’interno delle comunità stesse. Questa dinamica, unita alla capacità delle  monete complementari di valorizzare e rendere disponibile il potenziale produttivo inespresso che il  mercato tradizionale non è in grado di assorbire, ricollegando bisogni insoddisfatti e risorse inutilizzate,  genera risorse aggiuntive a favore dei territori e delle comunità. Queste possono essere utilizzate dalle  aziende per il finanziamento di investimenti atti a ridurre il proprio impatto ambientale, a creare  progetti di welfare aziendale e territoriale destinati ai propri dipendenti e per il sostegno di progetti  volti alla cura del bene comune promossi dalle associazioni del territorio. La circolazione monetaria in ambito locale potrà inoltre supportare la creazione di dinamiche legate allo sviluppo di innovativi  modelli di economia circolare. 

Ma le monete complementari possono essere progettate appositamente anche allo scopo di favorire e  incentivare il diffondersi di buone pratiche e modelli di sostenibilità sociale e ambientale. Alcuni sono  più generalisti (vedi AidCoin per la raccolta fondi), altri sono dei verticali tematici (vedi i Green Coin per  il rimboschimento e l’abbattimento della CO2), altri ancora intendono fornire gli strumenti alle comunità e ai territori per poter progettare, collaborare e agire in maniera congiunta a favore della  creazione di modelli di sviluppo sostenibili a livello sociale e ambientale. Un chiaro esempio di questo  approccio è rappresentato dal progetto Civica che sarà lanciato nei prossimi mesi in Italia. Civica è una  piattaforma collaborativa, unica nel suo genere, progettata per valorizzare e ricompensare la capacità  di cittadini, associazioni, imprese e istituzioni di organizzare e curare il bene comune. Civica inaugura  un modo nuovo di progettare e prendersi cura del bene comune e dello spazio pubblico valorizzando le  azioni dei cittadini e contribuendo, attraverso il rafforzamento e la nascita di nuove relazioni all’interno  e tra comunità, alla creazione di un’indispensabile coscienza del noi. Possiamo definire Civica come un  Civic OS, un sistema operativo per le comunità civiche progettato per la cura del bene comune. Un  sistema operativo, in informatica, è un software di sistema che gestisce le risorse hardware e software  della macchina, permette di installare nuovi software applicativi e fornisce servizi di base a quelli già  installati. Allo stesso modo, Civica garantisce agli utenti l’accesso alle risorse materiali e non prodotte  dalla community attraverso la propria azione civica, sia on line che off line, permette di installare nuove  forme di partecipazione e cura del bene comune, offrendo la possibilità a qualsiasi altro soggetto e/o  piattaforma di connettersi al sistema e fornisce servizi di base a tutti i soggetti istituzionali e privati che  vogliano promuovere le proprie campagne e azioni di cura del bene comune e della conoscenza. 

La piattaforma Civica è costruita attorno a quattro pilastri: 

  1. Metodo Civico: Civica è un metodo, che si perfeziona e si evolve con il contributo della collettività, di  studio finalizzato all’azione, per la misurazione e produzione di valore Civico all’interno delle comunità. Spazio Civico: Civica è uno spazio di interazione e collaborazione aperto a istituzioni, imprese, associazioni e cittadini progettato appositamente per la cura dello spazio pubblico e del bene comune.
  2. Memoria Civica: Civica è una memoria collettiva e connettiva dell’azione Civica prodotta dalla  collettività, di proprietà distribuita, raccolta, analizzata e catalogata a beneficio dei singoli e delle comunità. 
  3. Moneta Civica: Il RES è una moneta funzionale emessa dalla comunità Civica progettata per riconoscere, valorizzare e ricompensare l’azione Civica dei cittadini e generare benefici .
  4. Civica attraverso la sua piattaforma introduce il concetto di credito pubblico. Il credito pubblico, contraltare del ben più noto debito pubblico, rappresenta di fatto il valore creato dai cittadini a favore  della collettività attraverso la gratuità e le opere di cura e costruzione del bene comune. Questa immensa fonte di valore, generata dai cittadini sotto forma di cura dello spazio pubblico e del bene comune, diviene la base di emissione dei RES, fornendo la base monetaria per investimenti civici e per il riconoscimento e la ricompensa dell’azione Civica svolta. Così viene proposto il concetto nelle presentazioni ufficiali di Civica. 

Il RES è la moneta civica, che ha come sottostante il lavoro fatto dal volontariato, dal terzo settore. La  somma dei RES – la moneta civica – generati, dà sostanza e forma (che per una volta coincidono  concretamente) al Credito Pubblico, che poi potrà essere acquistato (in euro) dalle imprese etiche e reimmesso nel circuito, per alimentare i progetti sociali che si ritengono più interessanti e promettenti. Ma Civica non è l’unico progetto che sta andando in questa direzione e sono certo che nei prossimi anni,  anche grazie al diffondersi delle nuove tecnologie, nuovi modelli nasceranno proprio con lo scopo di  agevolare la transizione dagli attuali modelli socio-economici basati sull’estrazione e la competizione  verso modelli sostenibili, generativi e antifragili fondati sulla co-generazione di valore e sulla collaborazione basati su una visione di lungo periodo e su un’ottica di bene comune. Da questo punto  di vista, in fondo, cosa accadrà in futuro dipende ancora volta solo da noi e dalla nostra capacità di essere  parte attiva del cambiamento che vorremmo vedere nel mondo, dai valori che sapremo trasmettere e  dalla qualità delle relazioni che saremo in grado di costruire reciprocamente. Viviamo in un’epoca di  rischi e incertezze ma anche di grandi opportunità, l’innovazione tecnologica e le piattaforme digitali  possono certamente aiutarci ad accelerare questa transizione solo a patto di non dimenticare che la  direzione verso la quale questi strumenti portano risiede nei valori di chi li progetta e li usa. 

Quali difficoltà si riscontrano nella realizzazione e nella diffusione di una nuova moneta complementare? 

La prima difficoltà è sicuramente legata a una barriera di tipo culturale. Il denaro, in una società  capitalistica, rappresenta il dogma per antonomasia. Infatti, seppur si possa affermare, come asseriva  Marc Bloch nel 1954 nei suoi lineamenti di una storia monetaria d’Europa, che non esista di fatto una definizione di moneta che sia applicabile a tutte le epoche e a tutte le latitudini, nulla al mondo è tanto  poco indagato e dato più per scontato della moneta, neppure tra gli economisti di professione. 

La maggior parte delle persone non solo ignora completamente il funzionamento del nostro attuale sistema monetario, ma non si è probabilmente mai interrogata minimamente sul tema. Ognuno di voi, probabilmente, così come lo ero io, è intimamente convinto di sapere cosa sia il denaro. In realtà se  potessi chiedere a ciascuno dei lettori di questa intervista (così pazienti e indulgenti da essere arrivati fino a qui) cosa è il denaro, esattamente come mi è accaduto in centinaia di occasioni negli ultimi 10 anni di conferenze sul tema, quasi sicuramente non otterrei una singola risposta uguale. 

Il rapporto che abbiamo con il denaro è simile al rapporto che Sant’Agostino aveva con il tempo. “Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegare a chi me lo chiede, allora non lo so” diceva il filosofo in  un celebre passo delle confessioni. Allo stesso modo siamo tutti convinti che il denaro esista  indipendentemente da noi e dalla nostra capacità di produrre e scambiare valore. 

La moneta è trattata quasi sempre come un fatto bruto, direbbe Searle, come qualcosa che esiste al di là  di noi e della nostra esistenza, alla stregua di una montagna, del vento, delle stagioni, delle maree. Chiaramente, approcciarsi al denaro in questi termini significa prima di tutto perdere di vista il primo e  più importante assunto sulla sua natura: la moneta, in tutte le sue forme e peculiarità, è una brillante invenzione dell’uomo, è un costrutto antropico e in quanto tale, per il bene comune può essere cambiato. Al contrario di quanto ci viene ripetuto costantemente, il denaro non rappresenta una riserva di valore universale bensì semplicemente una riserva di mezzi di pagamento il cui ambito universale di  accettazione è sancito per legge. Ne deriva che il valore del denaro non viene espresso nel suo possesso. Al contrario, finché il denaro non viene speso, rimane esclusivamente un valore in potenza che diviene  in atto solo nel momento in cui viene ceduto in cambio di beni e servizi. Allo stesso modo, il suo valore nel tempo non dipende da una sua proprietà innata, ma riposa esclusivamente nella fiducia che  riponiamo nelle istituzioni che lo emettono, nella loro capacità di rifornire l’economia in quantità  sufficiente alle sue reali necessità e di mantenere, per quanto possibile, stabile il valore nel tempo. 

Ma il messaggio più semplice che prescinde da ogni tecnicismo è che tutto il denaro del mondo non avrebbe alcun valore se non ci fosse una comunità di individui disposta ad accettarlo in cambio dei beni  e servizi che è in grado di produrre. In fondo la moneta non è coperta – backed – da nient’altro se non dalle risorse che il pianeta generosamente ci mette a disposizione (che condividiamo con il resto della  biosfera, che abbiamo ricevuto in prestito dalle generazioni future e di cui dovremmo smettere di  abusare), dalla fiducia tra esseri umani e dalla capacità collettiva dell’uomo di produrre valore  attraverso la conoscenza, il lavoro, gli scambi e le relazioni. Ed è proprio questo il messaggio di cui buona  parte delle monete complementari e comunitarie si vogliono fare portatrici, perché le nostre comunità  e i nostri territori unitamente a ciò sono e saranno in grado di produrre, insieme, rappresentano un  valore immenso che nessuna crisi finanziaria o monetaria potrà mai portarci via. 

Promuovere la “biodiversità monetaria”, superare la diffidenza verso l’utilizzo di monete diverse per  scopi diversi, costruire la fiducia e la spendibilità rispetto al mezzo di pagamento sono solo una faccia  della medaglia. La prima di una lunga serie di problematiche da affrontare per diffondere l’uso di una  nuova moneta complementare. Un’altra tra le principali problematiche è legata al fatto che i vantaggi  generati da questi sistemi crescono esponenzialmente con il crescere del numero di partecipanti alla rete. Esattamente come il telefono di Meucci. Fino a che il telefono lo avevano solo lui e la moglie che si  chiamavano dalla camera da letto al soggiorno poteva sembrare poco utile, ma è proprio la sua  diffusione a far crescere esponenzialmente i vantaggi per chi lo utilizza. Lo stesso vale per la moneta. Chiaramente, creare una rete dal nulla non è affatto una cosa semplice. Ad esempio quando io e i miei soci abbiamo creato Sardex nell’ormai lontano 2009 abbiamo dovuto fare decine e decine di  appuntamenti per trovare il primo imprenditore così lucidamente folle da scommettere su una rete a  cui ancora nessuno aveva ancora aderito. Ma la forza del progetto era tale e tanta che nel solo primo anno sono state 250 le imprese che hanno scelto di puntare su un meccanismo di mercato che andava incontro a un bisogno spesso latente e al contempo molto sentito, soprattutto in un momento di  congiuntura economica negativa: il bisogno di collaborare e sostenersi a vicenda. Sardex, così come  molti dei modelli di cui abbiamo parlato, era un sistema pensato per reintegrare relazioni economiche  su un piano di relazione umana e sociale, un sistema capace di anteporre il bene del gruppo a quello  individuale, costruendo, nel suo piccolo, un nuovo paradigma economico fondato su valori quali la  fiducia, la reciprocità e la collaborazione. Alla forza di un substrato valoriale forte l’offerta di valore di  Sardex era accresciuta dai vantaggi economici concreti che il Circuito sarebbe stato in grado, in breve  tempo, di assicurare alle imprese partecipanti con il crescere del network. Penso sia stata la scelta, più o meno consapevole, di aderire a questo sistema di valori unitamente alla fiducia nei vantaggi economici  e sociali che questo strumento avrebbe potuto generare a spingere centinaia, poi migliaia di imprese ad  aderire al nostro progetto, dapprima in Sardegna e poi nel resto d’Italia, così come sono certo siano stati  gli stessi valori a spingere migliaia di altre aziende ad aderire ad altri sistemi e network di moneta  complementare attivi in Italia e in Europa. 

Oggi per fortuna il tema delle monete complementari è molto meno esotico e inconsueto di quanto non  lo fosse 10 anni fa (anche grazie al nostro lavoro e a quello di altri pionieri e visionari in tutto il mondo),  così come la consapevolezza da parte delle PMI locali della necessità di sostenersi a vicenda e  collaborare per affrontare le sfide che il mercato impone loro quotidianamente è molto più diffusa di  quanto non lo fosse allora. Di certo le MC non sono la panacea a tutti i mali del mondo ma possono  rappresentare, se ben realizzate e gestite, uno strumento importante, in grado di controbilanciare almeno in parte alcuni degli effetti negativi legati all’attuale paradigma economico, favorendo la  collaborazione e la fiducia reciproca. 


Carlo Mancosu ha 40 anni ed è nato a Cagliari. Umanista, esperto di marketing e comunicazione digitale,  da oltre 10 anni si occupa di innovazione, in particolare nell’ambito della platform economy, del fintech  e della social innovation. Nel 2009 è uno tra gli ideatori del Circuito Sardex (oggi SardexPay) e fondatori  di Sardex Spa, una delle più importanti fintech scaleup italiane, con la quale ha conseguito importanti  riconoscimenti nazionali ed internazionali sia a livello aziendale (EBA, FT1000, Deloitte Fast Growing  500…) che a livello personale (DC, Audi innovative thinking, Digital Italy, Wired Innovation Awards). In  Sardex, oltre a ricoprire a più riprese cariche amministrative, ha svolto, fino al primo quadrimestre  2017, il ruolo di CMO e di coordinatore l’area R&D. Tra il 2012 e il 2016 ha ricoperto cariche  amministrative in alcune società operanti nei settore dei nuovi media, della sharing economy e della  social innovation. Nel 2017 è cofondatore di Bflows e del venture builder Kitzanos, per cui si occupa di  digital strategy, marketing, comunicazione e R&D. Scrittore per passione, scrive abitualmente su  Nova100 de il Sole 24 ore. Parallelamente alla sua attività imprenditoriale ha avuto occasione di  svolgere un’intensa attività di public speaking, partecipando in qualità di relatore a numerosi eventi,  summit e festival nazionali ed internazionali su temi legati a economia, moneta e finanza.

 

Vuoi conoscere meglio le monete complementari?

Carlo Mancosu sarà ospite, insieme a Roberto Spano, al nostro webinar “Una moneta complementare per il trentino”!

VUOI PARTECIPARE AL NOSTRO EVENTO?

REGISTRATI

Stefano Albergoni