In viaggio alla scoperta dei DES/1

In viaggio alla scoperta dei DES/1
6 Settembre 2018 admin

In viaggio alla scoperta dei DES/1

La via Emilia non è solo una via millenaria di collegamento. È un ecosistema di attività, servizi, culture che fonda e rigenera una visione sociale in senso lato dell’economia. Il viaggio si propone di incontrare un campionario di esperienze eccellenti nel campo del welfare generativo e di distretto puntando sulle città di Reggio Emilia e Bologna, con una piccola deviazione finale in direzione Cremona. L’obiettivo è di stimolare i partecipanti al progetto DES a individuare e apprendere elementi di esperienza e di conoscenza per le proprie attività attingendo a questo variegato contesto.

 

Giovedì 5 settembre 2018 – Buttiamo il cuore oltre l’ostacolo… o la siepe! 

Con chi siamo partiti? 

Francesco Gabbi – Community Building Solutions CBS Società Benefit
Marilisa De Luca – Provincia autonoma di Trento
Laura Ravanelli – Fondazione Franco Demarchi
Carlo Maiolini – Muse
Manuela Gualdi – Tavolo dell’Economia Solidale Trentina
Agostino Delaiti – Ruota Libera
Irene Bertagnolli – Agenzia del Lavoro (PAT)
Giordano Pedrini – coop. La Rete
Ambrogio Monetti – Kinè scs
Alex Rigotti – Provincia autonoma di Trento
Roberto Brugnara – Azienda Agricola Sant’Andrè
Massimo Ravasi – coop. Incontra
Sergio Valentini – Gestore Locada 3 Chiavi e portavoce Slow Food Trentino Alto Adige e SudTirol
Paola Fontana – Comune di Trento
Elisa Cattani – Flai – CGIL
Francesco Fiorazzo – coop C.S.4
Marianna Calovi – Ambiente Trentino
Tania Giovannini – Artico impresa sociale e CBS
Mattia Mascher – Artico impresa sociale
Silva Floriani – Consolida

 

Cosa è successo?

 

Dopo poco meno di tre ore di pulmino comprensive di pausa caffè, presentazione dei partecipanti (rigorosamente dopo il caffè e che trovate elencati qui sopra) e aggiornamento generale in merito alla distinzione delle tipologie di cooperative vs. imprese sociali vs. società benefit (o b corp), eccoci arrivare finalmente a LA POLVERIERA. 

 

Ad accoglierci Flaviano Zandonai (per i pochi che ancora non lo conoscessero – Euricse e Iris Network), con nostro grande entusiasmo co-ideatore del viaggio e cicerone per questa giornata.

 

LA POLVERIERA scrl è esattamente quello che si legge sul sito… ma come si dice: vederla dal vivo è decisamente tutta un’altra cosa! L’impatto è notevole: una piazza, un porticato, un bar/ristorante che è anche laboratorio, che è anche centro diurno. Uno spazio ricco di servizi: dal coworking al negozio, al residenziale per persone con disabilità, al diurno per persone con disagio, ma che è sopratutto LUOGO, multiplo, denso di storia, significato e sopratutto di persone.

 

Ce la racconta nei dettagli Leonardo Morsiani, presidente della Polveriera e  Direttore del Consorzio di cooperative sociali Romero, che ci accompagna alla scoperta di questo mondo. Infatti, è proprio dal Consorzio che è nata la proposta-visione di “togliere la polvere” alla Polveriera: un progetto di ri-rigenerazione urbana, ma sopratutto una sfida per chi ha investito (più di 6 milioni di euro quasi totalmente delle cooperative fondatrici).

Scopriamo strada facendo, anche grazie alle parole di ilaria Masciuti – coordinatrice delle attività della Polveriera – che il manifesto della bellezza, cuore del progetto, si  è concretizzato, oltre che nell’arredamento, nel design degli interni, e negli oggetti messi in vendita nel corner shop di K-lab (collettivo che sviluppa progetti di comunicazione, oggetti di design, eventi e performance) anche nel definire “l’estetica” delle collaborazioni con imprese e realtà della zona.

Elementi interessanti della Polveriera sono sicuramente:

  • La rete – come si vede anche dallo schema riassuntivo del network della Polveriera – è caratterizzata anche dalla compresenza di competenze e professionalità diverse fra loro, forse non scontate per il mondo delle cooperative sociali, e che hanno portato un valore aggiunto a tutti i livelli;
  • L’apertura della struttura e dei servizi al territorio e al quartiere, evitano di diventare uno spazio di erogazione di servizi alieno al territorio circostante e premettono di curare le relazioni di vicinato… proponendo l’affitto delle sale per attività anche molto semplici come il corso di yoga, feste di compleanno, riunioni di associazioni o  mettendo a disposizione panchine all’ombra: da luogo a… PIAZZA.

Sfide future:

  • Riqualificazione della parte rimanente del fabbricato;
  • Creazione di un portierato di quartiere;
  • Aprire al culturale e al profit per permettere una vera contaminazione… o magari ibridazione!

 

Dopo un pranzo nel ristorante della struttura e un momento dedicato al finanziamento dello shop (i prodotti in esposizione a K-lab per molti sono stati irresistibili) nel pomeriggio incontriamo nella sala riunioni della Polveriera la dott.ssa Giulia Bassi: progettista per la fondazione Manodori. 

La chiacchierata si è concentrata in particolare sul progetto WelCome: un milione di euro in tre anni per migliorare la qualità della vita della provincia di Reggio Emilia individuando servizi innovativi per il welfare. WelCome si pone l’obiettivo di progettare e gestire in modo condiviso una serie di attività che possano rispondere ad esigenze, nate anche dal perdurare della crisi economica. Un progetto di finanziamento molto simile a quello svolto in territorio trentino con WLKm zero, promosso dalla Fondazione Caritro. Nel 2017 i temi sono stati vulnerabilità, lavoro e abitare, vicinato. Nel 2018 il bando si è focalizzato su welfare aziendale, donne immigrate e imprenditoria, luoghi comuni di socialità e di incontro della vulnerabilità.

L’ambizione della fondazione è stata quella di lavorare tutti insieme, anche molto faticosamente, per far sì che emergessero progetti validi e strutturati che potessero ambire ad avere ulteriori finanziamenti esterni. Una vera e propria operazione culturale quindi, un cambio di prospettiva rispetto alla fondazione che eroga finanziamenti “a pioggia”. Gli investimenti ora mirano a premiare due parole chiave: sostenibilità e generatività.

Nel corso del pomeriggio abbiamo poi avuto il piacere di dialogare con Giovanni Teneggi, direttore di Confcooperative Reggio Emilia ed esperto di cooperative di comunità. Il primo dato utile per parlare di cooperative di comunità è che non esistono a livello legislativo, hanno governance differenti: sono coop agricole, di servizio, associazioni, srl imprese sociali… Le accomuna il lavoro su delle filiere e il riconoscimento identitario, nato da un bisogno della comunità. Qualche regione (Puglia, Abruzzo, Umbria, Molise e Liguria) ha cominciato a introdurre degli accenni nella normativa, ma normativamente non hanno una forma giuridica prestabilita. Non sono comunque semplici progetti, ma tentativi di creare un nuovo modo di fare economia, di fare impresa nel futuro di territori periferici.

Una volta presa coscienza e formalizzata la volontà di mettere in piedi una coop di comunità, i tempi non sono diversi da una startup sociale: se supera i 4/5 anni di vita, ha buone probabilità di durare per sempre. Sono dei processi di produzione di cultura, non solo operazioni economiche. Sopravvivono solo se c’è una consapevolezza da parte dei partecipanti e se viene posta attenzione alla veridicità del processo e, conseguentemente, dei servizi. La base di partenza resta però sempre il bisogno della comunità, questo è l’elemento chiave.

Molto è stato fatto, ma molto si può ancora fare. Per le coop di comunità “storiche” i temi su cui adesso si sta lavorando sono sicuramente il ricambio generazionale e la sostenibilità delle aspettative di chi ha fondato queste realtà.

Potremmo rimanere per ore a discutere di questi temi, ma la prossima tappa ci chiama. Ci dirigiamo quindi nei dintorni di Bologna.

 

Ad Arvaia, Comunità che Sostiene l’Agricoltura, ci accoglie Stefano con  una battuta… avendo parcheggiato il pulmino davanti a una struttura limitrofa di recente ristrutturazione, ci dice che la struttura è dei vicini di casa: “non avrete mica pensato  che siamo così ricchi!”.

Facciamo però un passo indietro.  Cos’è una CSA? “L’agricoltura sostenuta dalla comunità, in inglese CSA, Community Supported Agriculture, è una forma di organizzazione dell’attività di produzione agricola e del consumo dei prodotti dell’agricoltura che si basa sull’alleanza fra chi produce il cibo (i contadini) e le persone che lo mangiano (i fruitori)”. E come funziona in particolare Arvaia? “Ogni anno agricolo la produzione di ortaggi è finanziata dai soci fruitori col versamento di una quota annuale, definita di anno in anno in funzione del piano colturale. I soci fruitori hanno diritto a una parte del raccolto. Per 49 settimane all’anno Arvaia distribuisce i prodotti freschi attraverso 8 punti di distribuzione sparsi per la città.

 

Arvaia è partita nel 2013 con 50 soci (coop agricola A) e all’epoca distribuiva le classiche “cassette”. Ora le cose sono cambiate di molto. I soci nella CSA sono diventati partecipi del rischio di impresa. Non possono scegliere se avere un tipo di verdura piuttosto di un altro nella cassetta che ciascuno può prelevare da solo in piena autonomia e fiducia presso la sede. Tuttavia, se ad esempio non si è particolarmente amanti dei peperoni, li si può donare agli altri soci. Anche i prodotti ammaccati, o con imperfezioni eccessive vengono “salvati” per essere riutilizzati attraverso la realizzazione di trasformati.

Questo ha incentivato molto lo scambio e il dono… la CSA è praticamente una azienda a scarto ZERO.

Arvaia ha oggi 6 dipendenti e cerca di sfruttare al massimo anche tutte le competenze dei suoi soci: dall’elettricista, all’idraulico, al web designer. Inoltre le collaborazioni negli anni sono aumentate, dal mercato in paese, all’università di agraria di Bologna.

 

Eccoci quindi in direzione dell’Ostello/studentato We Bologna,la struttura dove passeremo la notte Anche questa scelta non è stata fatta a caso, infatti l’edificio è un ottimo esempio di rigenerazione urbana (primi qui c’erano delle case dei ferrovieri) ed è stato ristrutturato con una grande attenzione alla sostenibilità ambientale. Qui si trovano inoltre gli uffici di PerMicro, una società di microcredito che opera su tutto il territorio nazionale per supportare l’avviamento di progetti d’impresa.

 

Dopo una breve pausa e un po’ di relax nel meraviglioso cortile dell’ostello eccoci in partenza per La Fattoria di Masaniello una pizzeria/ristorante fuori dal centro storico di Bologna che usa prodotti coltivati su terre confiscate alle mafie e cooperativa di inserimento lavorativo. Il ristorante pizzeria etica Masaniello è un progetto nato dall’esperienza del Comitato ioLotto e del Circolo la Fattoria e gestito dalla cooperativa sociale La Formica nata a Bologna nell’ottobre del 2016. Noi ci sentiamo di consigliare la FIGLI DEL VESUVIO (Mozzarella di bufala campana d.o.p., pomodorini gialli del Vesuvio, basilico, acciughe, pepe, olio e.v.o.) e la MASCHIO ANGIOINO (Mozzarella di bufala campana d.o.p., pomodorini secchi, acciughe, olive, capperi, pinoli, basilico, olio e.v.o. del Cilento), ma sono tutte buone veramente, soprattutto se precedute da un cuoppo.

Durante la cena non potevamo non incontrare Benedetto Linguerri, socio fondatore di un’altra interessante, anche se molto diversa, realtà Bolognese: Local to you. Una giovane startup di innovazione sociale, nata nel 2016 da alcune cooperative sociali del territorio che da tempo si impegnavano in agricoltura favorendo l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate con particolare attenzione all’etica con la quale vengono coltivati i prodotti.

Nata nel 2017 conta più di 30 fornitori sparsi per l’Italia (non più solo coop sociali) e oltre a consegne a domicilio della spesa, ora rifornisce anche ristoranti.

 

Sono molto attenti al tema della mobilità sostenibile e dove possono consegnano in bici o con multivan elettrici. Il loro secondo cavallo di battaglia è il riuscire a pagare al produttore il 50% del prezzo di vendita finale.

 

Immancabile giretto in centro, rigorosamente con i mezzi pubblici e una bella camminata per il centro… le cose su cui riflettere sono veramente tante, quindi a domani!